domenica 22 settembre 2013

TESINA DI DIPLOMA: STEREOTIPI E VIAGGIO IN RELAZIONE

Vi propongo con grande sorpresa un piacevole ritrovamento, un mio elaborato risalente al giugno 2011, spero possa tornare utile a qualcuno!


Il Viaggio e lo Stereotipo, nella cultura e nell'economia.
Un elaborato di Enrico Porceddu



Presentazione:   Presentazione personale (esposizione percorso di studi)


Premessa:           1.Perchè ho scelto questo tema?;
                          2.Contenuti.


Introduzione:     Origini, concetto e definizione di stereotipo:

                              1.Origine etimologica del termine “stereotipo”;
                              2.Concetto di stereotipo;
                              3.Lo studio degli Stereotipi in Sociologia;
                              4.Definizioni della parola stereotipo;
                              5.Esempio pratico per la comprensione;
                             
Origini, concetto e definizioni del termine viaggio:

6.Origine etimologica del termine “viaggio”;
7.Concetto di viaggio;
8.Definizione del termine viaggio;
                             

Letteratura
e arte:                  1.Lo stereotipo nella cultura;
                           2.il viaggio secondo gli autori italiani;
                           3.il viaggio secondo Gauguin;
                             

Stereotipo e      
Economia:          1.La stereotipizzazione come azione di marketing;
                          2.Interventi di destereotipizzazione (ove lo stereotipo costituisca svantaggio);
                             

Letture:               1.Lettura "The Geography of Bliss" (Eric Weiner);
                          2.Lettura”Il Grande Boh” (Lorenzo Cherubini noto Jovanotti).





Presentazione:
Salve a tutti, mi chiamo Enrico Porceddu e sono nato ad Iglesias il 5 luglio del 1991.
Fin da piccolo mostro interesse per le attività di gruppo, partecipo attivamente ad attività sportive e non, praticando sport quali Calcio, Judo, Atletica Leggera, Baseball e Pattinaggio. Inizia in tenera età anche la mia avventura nel mondo dei viaggi, ciò favorito dalla spiccata attitudine dei miei genitori al viaggiare, attraversando così l’Europa sopra una casa a quattro ruote.
In contemporanea con l’avanzare dei miei studi iniziano a delinearsi i caratteri che contraddistinguono la mia carriera scolastica; già dalle scuole medie superiori a prevalere è la partecipazione più che il profitto, garantendomi tuttavia un tranquillo avanzamento negli studi, nonostante inizino a delinearsi le prime carenze matematiche.
In parallelo inizio a coltivare varie passioni come la Pesca Subacquea e la sfrenata passione per le moto, oltre che all’amore ormai affermato verso il Calcio giocato.
Iniziano qua anche le mie prime vere esperienze lavorative, che mi avvicinano al mondo della ristorazione tanto da farmi prendere la decisione di iscrivermi nel rinomato istituto superiore alberghiero di Alghero, ma, forse per l’età o forse per la scarsa convinzione, qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni cambio idea e decido di iscrivermi presso l’istituto I.T.G.C. E.Fermi di Iglesias nell’indirizzo turistico (ITER).
Qui inizio ad apprezzare maggiormente lo studio, e oltre alla partecipazione subentra l’interesse per alcune materie quali lingue straniere e economia aziendale, e, nel caso delle lingue straniere riesco a ottenere certificazioni di livello b1 in lingua inglese e di livello b2 in lingua spagnola.
Matematica a parte riesco quindi di anno in anno ad ottenere delle conoscenze adeguate al mio corso di studi, ritenendomi soddisfatto dei livelli e dei traguardi raggiunti.
L’anno 2009/2010 è un anno nuovo per me, o sicuramente diverso da tutti quelli precedenti; partecipo infatti ad un programma interculturale annuale in Svezia, inserendomi in una cultura differente e imparando tanto, vivo in una tipica famiglia svedese e frequento una splendida scuola superiore nella città universitaria di Uppsala, con indirizzo “sviluppo dei paesi sottosviluppati”.
Torno poi in Italia, a parer mio un po’ cambiato, ma con tanta voglia di fare bene; mi iscrivo quindi all’ultimo anno di scuola superiore, il resto è presente…


 Premessa:

1.Perché ho scelto questo tema?

Il tema eletto è forse la conseguenza di anni di viaggi, più precisamente diciannove anni di viaggi; avevo infatti dieci mesi quando viaggiai per la prima volta, non posso ricordare nulla di quei giorni, ma so che dopo quel viaggio ci fu un altro viaggio, poi un altro ancora e un altro, un altro e poi un altro… Così che a diciotto anni, quasi sorprendendomi mi resi conto di aver visto quasi tutta l’Europa, a diciotto anni ripeto.
Inevitabile dire che viaggiando così tanto si viene a contatto con tante realtà diverse, mai sbagliate, mai giuste, solo diverse dalla nostra; è forse per questo motivo che sei anni fa decisi inconsciamente di iniziare a studiare quello che fino al momento era stato il mio passato e il mio presente, quello che non tardò poi tanto a diventare anche il mio futuro.
Inoltre, avendo avuto la fortuna di vivere un anno all’estero, ho avuto la possibilità di imbattermi nello splendente fascino degli “stereotipi”, si, fascino è proprio la parola giusta, penso sia davvero affascinante capire perché si pensi qualcosa di qualcuno o qualcosa che in realtà non conosciamo affatto, affascinante perché non è una pecca italiana, tutti portano degli stereotipi con se, in tutto il mondo, volenti o nolenti davvero tutti lo facciamo credetemi.
Influenzato così dalle mie esperienze personali, mi sono ritrovato ad eleggere un tema sul quale mi sentissi in grado di partecipare attivamente oltre che didatticamente, se devo essere sincero è il primo e l’unico argomento che abbia pensato di sviluppare visto e considerato che ho ritenuto fin dal primo momento fosse un idea fresca, innovativa, ricca di contenuti e facilmente connettibile con le materie del mio corso di studi; in conclusione direi proprio “Buona la Prima!”

2.Contenuti

Lo scritto qui presente è frutto della connessione di due tematiche principali e della loro analisi, le parole chiave utili alla comprensione del documento sono indubbiamente due: stereotipo e viaggio;
per questo inizieremo il nostro percorso proprio da un’analisi etimologica di questi due termini in maniera da poter affrontare palesemente e uniformemente la tematica in questione, riassunta a sua volta all’interno di un contesto molto più ampio, quello del “Turismo”.
Parleremo però di questo come “fenomeno sociale”, distaccandoci leggermente da quello che può essere il lato economico della questione; nonostante ciò non mancheranno delle analisi economiche teoriche, che renderanno più semplice la comprensione dei collegamenti.
Analizzeremo poi diversi famosi stereotipi, cercando di capire cosa sono e come funzionino, da dove vengano e come siano nati; tutto questo addentrandoci nella “sociologia”, la sola materia extracurricolare trattata in questo elaborato. Un excursus all’interno di questo campo mi sembrava l’unico modo per dare un ordine logico al discorso, facilitandone la comprensione a chi come me non possegga alcuna base in materia di Sociologia, utilizzando quindi questa come tramite più che come soggetto.
Andremo poi a discutere di due letture, una straniera e una italiana; definibili entrambe come “diari di viaggio”, due libri autobiografici di autori contemporanei che sono riusciti almeno nel mio caso a strapparmi fuori delle emozioni e a scatenare profonde riflessioni, apparenti banali riflessioni che possono però lasciare a bocca aperta.
Per abbracciare didatticamente altre materie quali Lettere e Storia e dall’Arte ho pensato di elaborare uno specchietto in cui si presentasse l’importanza ed il concetto del viaggio secondo alcuni dei più importanti autori e artisti italiani e stranieri.
Interverrò saltuariamente con riflessioni personali per far si che il lettore possa meglio comprendere il mio punto di vista e il mio modo di ragionare, nessuna verità assoluta ma solo pareri che si muovano all’interno dei canoni della soggettività.
Introduzione:

Origini, concetto e definizione di “stereotipo”:

Come prima anticipato in questa fase ci dedicheremo alla comprensione del concetto di “stereotipo”, risalendo alle origini del termine per poi passare all’utilizzo e al significato che questo termine ha assunto nei tempi odierni; analizzeremo poi varie definizioni e documenti incontrati in rete per cercare di capire a pieno gli stereotipi.

1.Origine etimologica del termine “stereotipo”:

Il termine stereotipo risale dall’antico greco, è una parola composta dai termini greci “stereos” (duro, rigido) e “typos/tupos” (impronta, segno), assieme quindi “impronta rigida”.

La parola stereotipo proviene dal linguaggio verbale tipografico; inventata da Firmin Didot indicava una piastra di metallo su cui veniva impressa un'immagine o un elemento tipografico originale, in modo da permetterne la duplicazione su carta stampata.
Col passare degli anni diventa però una metafora usata per indicare qualsiasi insieme di idee ripetute identicamente, in massa, con modifiche minime.
In origine, cliché e stereotipo avevano il medesimo significato, ma la parola cliché non era che un termine onomatopeico derivato dal suono prodotto durante il processo di stereotipizzazione, quando la matrice colpiva il metallo fuso.

2.Concetto di Stereotipo:

Lo stereotipo è nell'uso moderno, una visione semplificata e largamente condivisa riguardante un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da determinate caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale (ad es. lo stereotipo del Natale con la neve e il caminetto acceso), positivo (la cucina francese è la più raffinata del mondo) o negativo (l'associazione tra tatuaggi e carcerati); in molti casi, gli stereotipi rispecchiano l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi.
Se usato in senso negativo o pregiudizievole, lo stereotipo è considerato da molti come una credenza indesiderabile che può essere cambiata tramite l'educazione.
Talvolta lo stereotipo è una caricatura o un'inversione di alcune caratteristiche positive possedute dai membri di un gruppo, esagerate a tal punto da diventare discriminanti, detestabili e ridicole.
Gli stereotipi comuni comprendono una varietà di opinioni su gruppi sociali basate su etnia, sessualità, nazionalità, religione, politica e propensioni, ma anche professione, status sociale e ricchezza.

3.Lo studio degli Stereotipi:

Il tema dello stereotipo è stato uno dei primi temi trattati dalla psicologia sociale e il suo approccio si è suddiviso in due essenziali prospettive di interpretazione, contraddistinte da due ben delineati atteggiamenti di valutazione in merito.

Il primo filone di ricerca si rifà ad una considerazione dello stereotipo come elemento negativo: ad una sua concezione come semplificazione a priori, fondata su un impressione fissa e rigida, che spesso può dimostrarsi essere scorretta e inadeguata. Uno dei primi sostenitori di questa linea teorica è stato il giornalista Walter Lippmann nel suo “Public Opinion” del 1922. Secondo Lippmann, infatti, gli stereotipi sociali non erano altro che rigide generalizzazioni costruite sui vari gruppi sociali, dal carattere presumibilmente tendenzioso e distorto. Per la costruzione della propria idea di stereotipo (egli) si era riferito al significato originario della parola, ovvero, quello di stampo tipografico: il modello iniziale da cui derivavano tutte le copie uguali del giornale. Ecco, quindi, come uno stereotipo che qualifica un gruppo o un individuo, diviene piuttosto uno stigma fermo e identificativo, esteso a tutti gli appartenenti ad una certa categoria.
In questo modo, il processo di stereotipizzazione sembra essere esente da qualsiasi contatto con la realtà e, di conseguenza, poco sensibile ai suoi cambiamenti, arrivando così alla soppressione quasi totale delle differenze o caratteristiche individuali presenti tra gli stessi membri di un gruppo sociale.
Un passo più approfondito nella considerazione del tema, fu fatto dalle ricerche di Katz e Braly (1933), che cercarono di misurare le credenze stereotipiche e di analizzare il loro contenuto in relazione all’etnia e alla razza. Le conclusioni a cui arrivarono i due studiosi, non si distanziarono molto dalla visione negativa di Lippmann, ma alcune delle loro scoperte rimangono sicuramente degne di menzione, prima tra tutte, quella relativa all’apporto dei media nel processo sociale di costruzione degli stereotipi. Questi si esplicavano attraverso l’associazione, fatta eseguire da un campione di studenti bianchi della Princeton University, di gruppi di aggettivi relativi alla personalità, come ad esempio: artistico, laborioso, pigro, superstizioso, scaltro ecc… a gruppi di differenti etnie: italiani, ebrei, afro-americani, tedeschi ecc… Gli italiani, ad esempio, risultarono focosi e dal temperamento artistico, gli ebrei scaltri e attaccati ai soldi, gli afro-americani pigri e superstiziosi e i tedeschi laboriosi e razionali.
Le generalizzazioni emerse da queste associazioni aggettivo-gruppo etnico, apparvero, e tuttora appaiono, immediatamente evidenti e, in più, si riscontrò come i mezzi di comunicazione avessero contribuito a condizionare tali processi d’associazione attraverso la loro rappresentazione delle varie etnie.
I due studiosi riuscirono così a determinare che la nascita degli stereotipi poteva essere generata dai mezzi di comunicazione di massa oltre che dal comune processo di socializzazione.

La seconda linea di ricerca, invece, appare diametralmente opposta alla precedente: lo stereotipo, infatti, viene interpretato come un fenomeno normale e connaturato all’attività cognitiva degli individui e che risente, nella sua costruzione e nelle forme di identificazione che propone, sia del loro contesto socio-culturale d’appartenenza, sia dei rapporti che si vengono a instaurare tra i vari gruppi.
Il taglio di questa seconda prospettiva si presenta, evidentemente, più sociologico, in quanto tiene conto di tutta una serie di variabili di tipo intersoggettivo e contestuale che non erano state considerate in modo approfondito nelle disamine precedenti.
Così, lo stereotipo, nella sua considerazione, passa da fenomeno granitico a rappresentazione flessibile e relativa della realtà. I fenomeni di rappresentazione stereotipata delle categorie sociali, delle situazioni o delle relazioni intersoggettive, appaiono ora variabili nel tempo, a seconda dei codici normativo-culturali di riferimento, ma anche del gruppo d’appartenenza e della natura delle interazioni che si vanno a creare tra gli individui, evidenziando la natura più marcatamente sociale di questo tipo di approccio.
La teoria più rappresentativa di questo filone teorico è quella degli psicologi sociali Turner e Tajifel (1979) sull’identità sociale degli individui. L’identità di un individuo, infatti, si struttura in due componenti diverse: quella strettamente soggettiva, relativa alla propria essenza peculiare fatta di esperienze personali e caratteri distintivi della propria specificità, e quella sociale, discendente, invece, dalle appartenenze sociali particolari del singolo (“sono uno studente”, “sono un lavoratore” ecc..).
L’identità sociale permette all’individuo di derivare la propria immagine di sé anche attraverso la consapevolezza di appartenere ad un certo gruppo o ad una certa categoria sociale, che ne definiscono alcuni dei tratti caratteristici.
Anche Goffmann (1983), trattando il tema dei processi di stigmatizzazione e delle reazioni sociali in merito, fa riferimento all’importanza del concetto di identità sociale che, però, analizza con dei criteri differenti. L’identità sociale, infatti, si divide, a sua volta, in due dimensioni che lo studioso definisce: identità sociale virtuale e identità sociale attualizzata. La prima è composta da tutti quei requisiti effettuali, determinabili a priori, che gli individui si aspettano di trovare negli altri sulla base del loro ruolo o della loro posizione occupata formalmente nella società, la seconda, invece, rappresenta, in pratica, la categoria a cui è possibile dimostrare l’appartenenza di un certo soggetto e permette la legittima attribuzione, a quello, di determinate caratteristiche.
Sarà interesse dell’individuo raggiungere e mantenere un’identità sociale positiva e per questo motivo, egli, cercherà di appartenere a uno o più gruppi socialmente valutati in maniera favorevole in base al confronto sociale. A rendere desiderabile un certo tipo di status sociale non è solo il valore riconosciuto che viene deputato ad una certa appartenenza, ma anche il significato emotivo di realizzazione che l’individuo gli attribuisce.

Questo capitolo riguardante “Lo studio degli Stereotipi” si rifà ad un elaborato della d.ssa Giulia Moretti, laureata in scienze politiche.


4.Definizioni della parola Stereotipo:

"rappresentazioni schematiche di fenomeni che costituiscono un riferimento coerente e funzionale per la vita di un singolo e di un gruppo"

"la conoscenza che l'individuo immagina già di possedere"

"falsi concetti classificatori a cui, di regola, sono assodate forti inclinazioni emozionali di simpatia o antipatia, approvazione o disapprovazione"

"raffigurazioni di gruppi, largamente condivise, schematiche, che nascono da relazioni di intergruppo e guidano conoscenze e comportamenti sociali delle persone"

"un'opinione precostituita, non acquisita sulla base di un'esperienza diretta e scarsamente suscettibile di modifica".

Le definizioni soprastanti provengono da differenti vocabolari online.

5.Esempio pratico per la comprensione:

A father and son are involved in a horrific automobile accident. The father is killed, and the son is rushed to the hospital for emergency surgery. Upon their arrival, however, the surgeon takes one look at the child and says, "I cannot operate on him. He is my son." How is this possible?

Traduzione

Un padre ed il proprio figlio sono coinvolti in un orribile incidente d’auto. Il padre muore, ed il figlio viene trasportato d’urgenza all’ospedale per un intervento chirurgico d’emergenza. Al momento dell’arrivo, il chirurgo guarda il bambino e dice: ”non posso operarlo, è mio figlio”. Come è possibile?

Traduzione personale.

Secondo la scienziata americana Margo Monteith, docente presso l’Università del Kentucky, un indovinello che come quello qua su proposto giochi sul genere femminile o maschile può essere davvero utile per comprendere pienamente la potenza di uno stereotipo, abbastanza utile da proporlo annualmente ai propri studenti.
Non sorprendetevi quindi se leggendo non siate riusciti a capire immediatamente che il chirurgo in questione altro non è che la madre del bambino; questo esempio riassume uno stereotipo contemporaneo molto sviluppato a livello internazionale, quello della prevalenza del genere maschile nel mondo della chirurgia.

Esempio reperito in rete nel sito della Kentucky’s University.

Origini, concetto e definizione del termine “viaggio”:

6.Origine etimologica del termine “viaggio”:

La parola viaggio deriva dal provenzale viatges, che a sua volta proviene dal latino viaticus/viatius, termini derivanti da via. Viaticus in latino erano la provviste necessarie per mettersi in viaggio, col passare del tempo arrivo poi a significare il viaggio stesso.

7.Concetto di viaggio:

Il viaggio ha assunto nel corso della storia innumerevoli significati, e, anche oggigiorno esso viene interpretato dalle persone in maniera del tutto soggettiva. Da tempo il viaggiare è un modo di mutare, un metodo per cambiare la propria posizione sociale, sfuggire alla giustizia del proprio paese per reati commessi o , più nobilmente acquistare fama per studi archeologici o geologici, o più semplicemente trovare un lavoro per sfamare se stessi e la propria famiglia.

Si può viaggiare ancora oggi per fuga, alla ricerca di una propria libertà interiore, spinti dalla reazione a convenzioni sociali o da filosofie consolatorie.

Si può viaggiare per fede, come avviene nei pellegrinaggi o nelle visite ai santuari e agli oracoli anticipatori del turismo di massa. La cosiddetta geografia della devozione: Lourdes, Fatima, La Mecca, lo stesso Giubileo sono pietre miliari del viaggio religioso dove si confondono misticismo, svago e penitenza.

Si può viaggiare poi anche per studio e ricerca, sull’esempio degli archeologi ed esploratori del passato, per una sfida ed un arricchimento culturale, come interpreta il grande viaggiatore von Humboldt insistendo sull’importanza del contatto diretto con le diversità e le forme policrome della natura

Si può viaggiare anche per raccontare, scrivere o filmare o, come avvenne all’epoca dei grandi esploratori per affascinare i lettori con storie mirabolanti delle nuove Terre scoperte.

Si può viaggiare infine per mettersi alla prova, per sfidare la sorte, per provare l’ebbrezza del rischio come fanno alcuni viaggiatori che nonostante le raccomandazioni della Farnesina viaggiano in luoghi assolutamente sconsigliati per la presenza di importanti situazioni di rischio come conflitti militari, presenza di predoni, pirati, o epidemie in corso.

8.Definizione del termine viaggio:

“atto di spostarsi da un luogo all’altro compiendo un certo percorso”;

“giro più o meno lungo attraverso paesi diversi dal proprio”;

“spostamento da un luogo a un altro con un mezzo di trasporto”.




Letteratura e Arte:

1.Stereotipi nella cultura

In arte e letteratura, gli stereotipi sono rappresentati da situazioni o personaggi prevedibili. Ad esempio, lo stereotipo del diavolo è quello di un personaggio rosso, con corna e forcone, mentre lo stereotipo del venditore è quello di un individuo ben vestito, che parla rapidamente, di cui non ci si può fidare. La Commedia dell'arte italiana era nota per i suoi personaggi e situazioni tipiche. Nel corso della storia i cantastorie hanno sempre attinto a personaggi e situazioni stereotipe, allo scopo di far meglio comprendere al pubblico le nuove storie. L'immediata riconoscibilità di alcuni stereotipi fa sì che questi vengano largamente utilizzati nella produzione di pubblicità efficaci o nelle sit-com. Gli stereotipi cambiano e si evolvono nel tempo, pertanto potrebbe essere difficile riconoscere oggi alcuni degli stereotipi relativi alla società di qualche decennio fa.

2.Il viaggio secondo gli autori italiani
Il viaggio ha sempre affascinato i poeti e gli scrittori poiché considerata la metafora più diretta della vita stessa, il viaggio visto come un percorso: la nascita come la partenza e la morte come arrivo. Detto questo,nei poeti del trecento come Dante e Petrarca, il viaggio è visto come viaggio interiore,come ricerca di sè e della pace: Dante mira al Paradiso e Petrarca al "locus amoenus" come luoghi dove il livello di spiritualità è massimo, dove l'uomo si avvicina alla perfezione di Dio. Nel 700, invece, il viaggio si caratterizza anche dal punto di vista materiale: è il secolo dell'illuminismo, dei grand tours alla scoperta delle antichità classiche e delle vicende politiche a larga scala. Foscolo vede il viaggio sotto due aspetti: il primo assume un significato negativo, legato all'esilio, all'abbandono forzato della sua terra natale per motivi politici; il secondo,invece, è connesso al ritorno a casa (alle "sacre sponde" della sua Zacinto), un ritorno che gli è impedito, quindi il viaggio ritorna ad essere solo mentale. Anche per Leopardi il viaggio costituisce parte significativa della propria vita, come ricerca di speranza e di cambiamento, assumendo così un valore di fuga, fuga da quella che era una vita chiusa nel contesto della piccola Recanati.

3.Il viaggio secondo Gauguin
Ancora una volta si parla di viaggio inteso come fuga, ma in questo caso non si fugge da restrizioni o ambienti troppo limitati, ciò che spinge l’artista ad allontanarsi è infatti la civiltà; la globalizzazione e la civilizzazione arrivano quasi a soffocare Gauguin (fino a limitarne le capacità artistiche secondo la sua opinione).
È così che nasce in lui il desiderio del ritorno alla primitività, che inizia a manifestarsi nei propri dipinti e si concretizza poi gradualmente in Thailandia; egli mostra totale disinteresse verso la fama e impara a nutrire amore verso la natura, verso la vita animale e umana.












Stereotipo e Economia:

Come anticipato vedremo ora in che modo gli stereotipi possano costituire un fattore determinante nell’influenzamento della domanda turistica, e ancora di più all’interno di un semplice contesto economico, come la vendita di un qualsiasi bene o servizio. Riusciremo così a notare come l’economia attuale sia letteralmente costernata da stereotipi di ogni genere, ed in alcuni casi potremmo quasi dire che lo stereotipo funge da motore di spinta all’interno dell’economia.
Sfortunatamente sono innumerevoli i casi in cui uno stereotipo possa trasformarsi in “svantaggio economico”, andremo quindi ad analizzare la questione da un punto di vista più universale.

1.La stereotipizzazione come azione di marketing:

Strategia di marketing sempre più diffusa, la stereotipizzazione può costituire un ottimo vantaggio quanto un terribile svantaggio; di fatto, se eseguita nella maniera scorretta, essa può comportare l’allontanamento del consumatore o di un intera classe di consumatori.
Possiamo dividere la stereotipizzazione in due parti, quella territoriale e quella del consumatore.

La stereotipizzazione territoriale fa si che delle caratteristiche del territorio vengano promosse e sostenute in maniera disuguale rispetto ad altre, è così che si può arrivare ad un aumento della domanda in un determinato periodo dell’anno a discapito di un altro periodo. Questa azione deve quindi essere attentamente controlloata, per evitare il cosiddetto effetto boomerang.

Es.: Uno o più tour operators avviano una forte campagna pubblicitaria di promozione della Sardegna che promuove però solo ed esclusivamente il turismo balneare, logicamente questa azione di marketing porterà dei grandi benefici economici nel periodo estivo, dando però al consumatore l’idea che la Sardegna abbia qualcosa da offrire solo durante l’estate. Così avviene la creazione di uno stereotipo che costituirà il calo della domanda in un altro periodo dell’anno.

La stereotipizzazione del consumatore invece, agisce in maniera differente, e costituisce principalmente uno svantaggio economico. Di fatto, qualsiasi campagna pubblicitaria, è dedita a creare un rapporto più intimo con il consumatore, perché questo si senta trattato come individuo più che come cluster. Stereotipizzare il consumatore significherebbe quindi escludere a priori delle fasce di consumatori che potrebbero comunque usufruire del prodotto.

Es.: Una casa produttrice di videogiochi crea una pubblicità televisiva dedita alla promozione di una nuova console e in questa pubblicità vengono mostrati solo dei bambini, ciò significherebbe dare un messaggio compromettente a livello di marketing, visto che dando l’idea di un prodotto creato solo per i bambini si perderebbe una vasta fascia di consumatori, considerando che secondo le statistiche sono più del 35% i consumatori compresi tra i 25 e i 45 anni.

2.Interventi di destereotipizzazione (ove lo stereotipo costituisca svantaggio);

Considerato il discorso sull’utilizzo della stereotipizzazione come azione di marketing e degli svantaggi che questa strategia possa costituire, dobbiamo quindi parlare degli eventuali rimedi laddove si sia venuta a creare una situazione economicamente svantaggiosa, a causa della creazione di stereotipi sfavorevoli nei confronti dei consumatori o sfavorevoli a livello territoriale.

L’unica maniera per sopprimere uno stereotipo, rimane di fatto la sostituzione di questo stesso in favore di uno più vantaggioso, o comunque di uno che possa riportare un equilibrio economico con una conseguente stabilizzazione della domanda, all’interno della sensibilissima bilancia dell’economia e dell’economia turistica più specificamente.

Es.: Tornando all’esempio dello stereotipo territoriale nella campagna di promozione della Sardegna, se si venisse a creare tale stereotipo (Sardegna unicamente meta balneare estiva), la regione potrebbe intervenire con campagne di destereotipizzazione che facciano uso di slogan quali per esempio “la Sardegna non è solo mare” oppure “la Sardegna tra montagne e tradizioni” in maniera da attenuare lo stereotipo precedente e sostituirlo con uno più equilibrato.







Letture:

Sono due letture strettamente connesse alle tematiche proposte in questo elaborato quelle di cui vi parlerò; entrambi i libri possono essere definiti “diari di viaggio”, racconti autobiografici basati totalmente su esperienze realmente vissute. Nonostante il viaggio abbia per i due autori un fine differente, risultano essere molteplici le similitudini tra i due diari.
Il distaccarsi al contrario, si verifica a parer mio a causa delle differenti professioni degli autori; possiamo infatti apprezzare in uno il lato e la visione poetica di un cantautore che cerca ispirazione lungo le avventure di un viaggio, e nell’altro la professionalità di un reporter che sa raccontare il mondo e che vuole trovare la felicità viaggiando.


1."The Geography of Bliss" (Eric Weiner)

The Geography of Bliss (La Geografia della Gioia) è il diario di viaggio di un famoso reporter televisivo americano, che nel corso della sua carriera ha avuto la possibilità di venire a contatto con le disastrate realtà dei paesi sconvolti dalla guerra. Una volta andato in pensione decide di addentrarsi in quelli che sono i legami tra il viaggio e la felicità, decidendo così di iniziare a viaggiare per un altro fine, che non fosse un fine professionale ma bensì la sola ricerca della felicità.

Interessante poi scoprire che esista un centro di ricerca per la felicità chiamato “World Database of Happiness”, con sede situata a Rotterdam in Olanda; questo centro di ricerca quantifica matematicamente il tasso di felicità di tutte le nazioni del mondo, analizzando i fattori che influenzano lo stato d’animo delle persone.
Proprio da qui parte il viaggio del reporter americano, che rimane a dir poco stupito dall’immensità di tali ricerche.

Riporto qua sotto due riflessioni incontrate nel libro che mi hanno particolarmente colpito:

“Perhaps we even want to experience unhappiness, or at least leave open the possibility of unhappiness, in order to truly appreciate happiness”.

“Forse vogliamo addiritura sperimentare l’infelicità, o almeno lasciare aperta la possibilità dell’infelicità, in maniera da poter realmente apprezzare la felicità”.


“If I draw a circle, most people, when asked what I have drawn, will say I have drawn a circle or a disc, or a ball. Very few people will say I’ve drawn a hole in the wall, because most people think of the inside first, rather than thinking of the outside. But actually this two sides go together, you cannot have what is ‘in here’ unless you have what is ‘out there’.”
In other words, where we are is vital to who we are.

“Se disegnassi un cerchio, e chiedessi cosa ho disegnato, la maggior parte delle persone diranno che ho disegnato un cerchio, un disco o una palla. Poche persone diranno che ho disegnato un buco nel muro, perché la maggior parte delle persone pensano prima all’interno più che all’esterno. Ma effettivamente questi due lati vanno assieme, non si può avere ciò che è ‘qui dentro’ a meno che non si abbia ciò che è ‘la fuori’.”
In altre parole, dove siamo è di vitale importanza per definire chi siamo.

Traduzioni personali.

In poche parole, questo libro ci fa capire quanto il viaggio possa essere importante per la ricerca di un equilibrio, equilibrio che diventa sinonimo di felicità; il doversi confrontare con diverse realtà per stabilire quale sia la felicità assoluta e non più relativa, confrontarsi con realtà opposte, dove la felicità è dettata da fattori più o meno rilevanti di quelli con i quali conviviamo abitudinariamente.


2.”Il grande boh”(Lorenzo Cherubini noto Jovanotti)

Questa lettura (racconto autobiografico) racconta le avventure di viaggio del famoso cantautore italiano “Jovanotti” che si cimenta in numerosi viaggi, in cerca di ispirazione musicale e di serenità, attraverso la scoperta di nuovi mondi.
L’autore fa riferimento alla musica e alla gestualità come mezzo supplementare e determinante di comunicazione, sostenendo che queste arrivino dove la lingua non possa arrivare.
Il libro è caratterizzato da un linguaggio forte e alle volte da “sfoghi poetici” che di tanto in tanto saltano fuori tra i racconti di viaggio, attribuendo al libro quel “tocco di poesia”, poesia di un cantautore.

Lungo i propri viaggi, tra Sahara e New York, tra Africa e Londra e ancora tra Patagonia e Salvador do Bahia, l’autore ci porta più volte a contatto con il peso della globalizzazione, i danni della tecnologia laddove non si è pronti a riceverla; risalta poi il valore del viaggio e del viaggiatore, che si distacca dall’itinerario impacchettato e venduto, dando importanza all’incontaminatezza dei pochi paesaggi in cui è ancora possibile stare a contatto diretto con la natura.











Elaborato prodotto da:

Enrico Porceddu